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Interview

Coleridge - The Rime of the Ancient Mariner

Sereni: Neri, cosa leggiamo oggi?


Neri: Un classico del romanticismo inglese: The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge.


S.: L’ho fatta al liceo. Ma non è che ricordi molto… La storia di un
marinaio che uccide un uccello, un…


N.: …un albatro. Un delitto immenso, che ancora oggi noi tutti
scontiamo.


S.: Poi muoiono tutti, i marinai della nave…


N.: …una volta la sapevo tutta a memoria:


It is an ancient Mariner,
And he stoppeth one of three.
“By thy long grey beard and glittering eye,
Now wherefore stopp’st thou me?”

 

S.: Ma perché il vecchio marinaio uccide l’albatro?
 

N.: L’albatro non faceva niente di male, anzi…
 

The ice was here, the ice was there,
The ice was all around:
It crack’ed and growl’d, and roar’d and howl’
Like noises in a swound!


Alla fine giunge un grande uccello marino, il vento del Sud si alza, i ghiacci con un boato si spaccano… e il vascello può proseguire il suo corso:


At lenght did cross an Albatross:
Through the fog it came:
As if it had been a Christian soul,
We hail’d it in God’s name.

 

It ate the food it ne’er hat eat,
And round and round it flew.
The ice did split with a thunder-fit;
The helmsman steer’d us through!


And a good south wind sprung us behind;
The Albatross did follow,
And every day, for good or play,
Came to the mariners’ hollo!


L’albatro, quest’ “uccello pio e di buon augurio” (“the pious bird of good omen”), da Coleridge paragonato a “un’anima cristiana” veniva fraternamente. I marinai lo accolgono, gli danno da mangiare, vi giocano insieme. Poi improvvisamente, con un atto “infernale”, che non trova spiegazioni, il vecchio marinaio lo abbatte con la balestra:
 

S.: Ma perché?
 

N.: Non c’è “perché”! Questo crimine inaudito, ancora più tremendo di quello di Caino, che aveva ucciso, sì, ma per invidia del fratello, è senza giustificazione.


And I had done a hellish thing,
And it would work ‘em woe;
For all averr’d I had kill’d the bird
That made the breeze to blow.


L’uccisione dell’albatro, l’uccello che “faceva spirare la brezza”,
rappresenta il Male assoluto, il male che non ha bisogno di moventi,perché è insito in ciascuno di noi.

S.: Così pessimista era la visione dell’uomo in Coleridge?
 

N.: Coleridge, figlio di un pastore anglicano (ed era desiderio del padre che egli un giorno diventasse pastore), era convinto che a causa del peccato originale il male regnasse nel cuore dell’uomo. Perciò egli non dice di più: “I shot the Albatross!” Il bene ha bisogno di spiegazioni, non il male!
 

S.: Comprendo.
 

N.: L’indomani era sorto un sole scialbo, “come il volto di Dio”; i
marinai adesso dicevano che era stato giusto ammazzare l’uccello perché recava nebbia e foschia.


Down dropt the breeze, the sails dropt down,
Twas sad as could sad could be.

 

La luce di Dio non illumina e riscalda più la terra; Dio stesso sembra aver abbandonato il mondo; lo spiritus divino che scioglieva i ghiacciai e gonfiava le vele ha cessato di spirare. Sotto un sole che gettava sangue (“bloody sun”), il vascello si arresta in mezzo all’oceano. Tutt’intorno acqua, solo acqua, ma non una goccia per bere:


And every tongue, through utter drought,
Was withered at the root;
We could not speak, nor more than if
We had been choked with soot.


I marinai scaricano ogni colpa sul vecchio marinaio. Come contrassegno della sua colpa gli appendono sul collo a posto della croce l’albatro:


S.: Gli altri marinai vogliono fare del vecchio marinaio un capro
espiatorio. Ma anche loro avevano approvato l’uccisione dell’albatro.


N.: Certo. Sono tutti complici perché, come spiega Coleridge, hanno giustificato il crimine del vecchio marinaio.


S.: Sono quindi tutti colpevoli.


N.: Sí! Per questo la maledizione divina si abbatte su tutti: per questo uno dopo l’altro i marinai muoiono tutti.
 

S.: Ad eccezione del vecchio marinaio – se ricordo bene.
 

N.: Il vecchio marinaio sopravvive. Dio lo ha risparmiato per infliggergli un castigo ancora più terribile della morte: vivere in solitudine, senza la speranza della grazia divina, con l’animo tormentato e in continua agitazione:


Alone, alone, all, all alone,
Alone on a wide, wide sea!
And never a saint took pity on
My soul in agony.


Agony ha qui il significato di “lotta”, quella guerra interiore che
imperversa nel nostro animo dal giorno della caduta – il cor inquietus di Agostino. Se si guardava intorno, vedeva solo un mare di acque putride; se sollevava gli occhi al cielo in preghiera, dalla bocca gli usciva solo un “sussurro maligno”; il cielo e il mare gli pesavano come macigni sugli occhi stanchi, ai suoi piedi i cadaveri dei marinai morti:


S.: La maledizione della colpa è più grave della morte.


N.: Ma ora La prego di fare attenzione, perché stiamo per toccare
qualcosa di molto importante, la causa profonda della colpa di
Coleridge:


An orphan’s curse would drag to hell
A spirit from on high.


Nel 1781 – Coleridge aveva nove anni – era morto il padre. In una lettera del 1797 egli rievoca la sua morte:


My mother got him some peppermint water, and, after a pause, he said, “I am much better now, my dear!“ and lay down again. In a minute my mother heard a noise in his throat, and spoke to him, but he did not answer; and she spoke repeatedly in vain. Her shriek awakened me, and I said „Papa is dead!“ I did not know of my father’s return, but I knew that he was expected. How I came to think of his death I cannot tell; but so it was. Dead he was.


Dell’attaccamento del padre per il figlio testimonia un’altro passo della stessa lettera: “I remember and never shall forget my father’s face as he looked upon me while I lay in the servant’s arms – so calm, and the tears stealing down his face; for I was the childe of his old age.” La morte del padre provocò in Coleridge un profondo senso di colpa. Era un maledetto, un reietto, appartenente alla razza di Caino: del 1797, contemporaneo quindi alla Ballata dell’antico Marinaio, è il dramma Osorio, poi ribattezzato The Remorse; del 1798 sono invece The Wanderings of Cain.
 

S: Possiamo concludere che l’albatro incarna il padre della cui morte il piccolo Coleridge si era sentito responsabile?
 

N.: Non parlerei di identificazione albatro-padre: diciamo che nella mente di Coleridge il senso di colpa ha creato per analogia la vicenda narrata nell’Antico Marinaio.


S.: Ma Coleridge era consapevole di stare elaborando la propria
tragedia familiare?


N.: A me sembra proprio di sì, altrimenti non avrebbe parlato della
“maledizione di un orfano”. Per sette giorni e sette notti il marinaio ha visto la morte, e tuttavia non è morto. Poi al bagliore della luna scorge in acqua dei serpenti marini che si muovevano lasciando una scia di luce scintillante. La vista dei serpenti marini, che una volta gli avevano ispirato solo disgusto e ripugnanza, ora gli fa esclamare:

„O happy living things! No tongue
Their beauty may declare:
A spring of love gush’d from my heart,
And I blessed then unaware!
Sure my kind saint took pity on me,
And I bless’d them unaware.

 

The selfsame moment I could pray;
And from my neck so free
The albatross fell off, and sank
Like lead into the sea.“


La bellezza e la felicità dei serpenti che guizzano nell’acqua gli fanno sgorgare dal cuore “una primavera d’amore”. Il vecchio marinaio inconsciamente li benedice, nello stesso momento si accorge di potere finalmente pregare, e l’albatro che gli era stato appeso al collo gli cade e affonda nell’acqua. L’amore e la riverenza per tutte le cose che Dio ha fatto e ama” (“love and reverence to all things that God made and loveth”), il riconoscimento della bellezza e della santità del creato
producono il miracolo. L’incantesimo di morte è rotto, la “grazia della Madre santa”, della “Madre regina”, invia dal cielo sul vecchio marinaio un sonno ristoratore. Quando si risveglia, stava piovendo: le labbra sono umide di pioggia, la gola, prima arsa dalla sete, è di nuovo fresca.


I moved, and could not feel my limbs:
I was so light – almost
I thought that I had died in sleep,
And was a blessed ghost


Il vecchio marinaio pensava che durante il sonno fosse morto. Poi si era svegliato, una sensazione di leggerezza si era impadronita di lui, gli sembrava di essere uno “spirito benedetto”. Era rinato a nuova vita, era un uomo nuovo. Gli altri marinai risorgono, dalle loro bocche si levano suoni dolcissimi, la brezza riprende a spirare, la nave lentamente si rimette in moto e fa vela verso il porto del paese nativo.
 

S.: Un lieto fine.

N.: Un lieto fine. Ma attenzione: se il marinaio non è più un maledetto, non ha però ancora finito di espiare tutta la sua colpa. Rimane ugualmente escluso dalla comunione degli altri uomini, dalla alleanza con Dio, simboleggiati dalla scena delle nozze; ora la sua condanna è di vagare e narrare la sua avventura, la sua azione “infernale”:

 

“I pass, like night, from land to land;
I have strange power of speech.”

Al vecchio marinaio è stato adesso conferito uno “strano potere di
linguaggio”. Quando il ricordo del crimine commesso torna a
tormentarlo, il cuore gli arde dentro finché non ha finito di narrare la sua “storia spettrale”. Gli occhi scintillano, nessuno può sottrarsi al loro incantesimo; l’invitato alle nozze è come paralizzato:

He holds him with his glittering eye –
The wedding-guest stood still,
And listens like a three-year child:
The Mariner hat his will.


Questo “strano potere” magnetico posseduto dal vecchio marinaio, non è altro che il potere incantatorio della poesia. Il marinaio che erra di paese in paese per narrare la sua vicenda di colpa e di espiazione è Coleridge stesso.


That moment that his face I see,
I know the man that must hear me:
To him my tale I teach.”


Il vecchio marinaio sa chi lo deve ascoltare, chi ha bisogno di sentire la sua parabola: sono i figli di Caino, coloro che come lui si sono macchiati di un delitto orrendo… Un invitato alle nozze, dopo aver ascoltato il racconto del marinaio, non entra più in chiesa, non ne è infatti degno, si allontana “più saggio e più triste” perché ha preso coscienza della propria colpa. A questo punto il marinaio può prendere congedo, ha portato a termine il suo compito, quello di additare il suo esempio alla coscienza dei peccatori, affinché come in uno specchio potessero riconoscere la loro colpevolezza, il primo passo per redimersi.
 

Farewell, farewell! But this I tell
To thee, thou Wedding-Guest!
He prayeth well, who loveth well
Both man and bird and beast.

He prayeth best, who loveth best
All things both great and small:
For the dear God who loveth us,
He made and loveth all.”


Il messaggio del marinaio è lo stesso di Francesco d’Assisi: “Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le tue creature.” Il creato è un inno alla potenza e alla bontà di Dio, di Dio che ci parla attraverso le sue creature, e che vuole essere amato e adorato dalle sue creature: “love and reverence to all things that God made and loveth”. Ogni cosa, le belle come le brutte, porta il segreto di Dio. In questo modo c’è nel mondo una redenzione e una continua teofania…


S.: …come nella theologia naturalis dei Salmi.


N.: L’amore universale è la legge del creato. Il vecchio marinaio giunge a questa verità dopo un lungo percorso, dopo aver attraversato il deserto della colpa e l’inferno del peccato. Il vecchio marinaio porta appeso al collo l’albatro al posto della croce. Se l’albatro era l’emblema della sua maledizione, la croce rappresenta la sua redenzione. Uccidendo l’albatro egli aveva sì violato la profonda santità del creato, ma anche aveva incontrato Dio. La maledizione diventa una benedizione, un segno di
elezione. Il marinaio non era stato forse definito uno “spirito benedetto”?


S.: E noi moderni cosa possiamo imparare dalla Ballata del vecchio marinaio?


N.: Molto. Perché i figli di Caino ai quali si rivolge il vecchio marinaio siamo proprio noi lettori di oggi. Siamo noi che stiamo distruggendo la Terra, siamo noi che abbiamo perso il senso della sacralità del creato e della solidarietà che ci lega con tutte le creature viventi della terra.

 

 

© 2020 Matteo Neri

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